Ideati per stimolare le aree cerebrali associate alla produzione di dopamina, adrenalina ed endorfina, i social networks devono parte del loro successo planetario alla capacità di agire come autentiche droghe sul cervello umano e di riuscire a tenere i fruitori incollati allo schermo, con tanto di crisi d’ansia annessa, anche quando il contesto sociale di riferimento imporrebbe la deposizione dello smartphone e la concentrazione massima sull’attività che si sta svolgendo, soprattutto se lautamente remunerata e se sotto gli occhi di tutto il mondo.
Se trascorrere una serata al ristorante o al cinema in compagnia di Twitter può infatti rivelarsi alla stregua di un’operazione piuttosto maleducata e irrispettosa dell’altrui diritto alla serenità , la prudenza dovrebbe imporre di effettuare un log out dalla piattaforma mentre ci si trova intenti a scegliere la segretissima busta contenente il nominativo del miglior film dell’anno durante la Notte degli Oscar.
Poco avvezzo alla prudenza e alle basilari regole che delimitano l’ambito della professionalità , il signor Brian Cullinan, socio della società Pricewaterhousecoopers (che si occupa di revisione dei conti per l’Accademy), ha invece deciso di immortalare la bellissima Emma Stone e di postare lo scatto su Twitter, mentre avrebbe dovuto prestare attenzione alla pila di buste collocata davanti a lui, onde evitare di scambiare lucciole per lanterne. come effettivamente accaduto.
Alla base della gaffe che ha visto Warren Beatty annunciare la vittoria di La La Land vi sarebbe infatti uno scambio di buste attribuibile proprio alla distrazione provocata dall’euforia da social network, che ha travolto Brian Cullinan all’apice della sua carriera professionale e che ha gettato l’Academy nell’imbarazzo più profondo della sua storia.
Insieme al signor Cullinan è finita nell’occhio del ciclone anche la sua collega Martha Ruiz, incaricata di vigilare sulle buste segrete e anch’essa bandita dall’Accademy da ogni futuro incarico e da ogni manifestazione cinematografica, per via di quell’omesso controllo in base al quale avrebbe dovuto riporre più attenzione allo sguardo assente del suo collega, intento a perdersi in quell’euforia simulata e in quel paradiso artificiale prodotto dalla celebrità su un social netwrok.
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