Il recente scandalo in salsa britannica che ha coinvolto una clinica inglese, rea di avere erroneamentediffuso i risultati relativi ai test Hiv di migliaia di pazienti, ha riportato al centro dell’attenzione planetaria la necessità di giungere ad un sistema dominato dalla completa riservatezza dei dati clinici, all’interno del quale il paziente possa dormire sonni tranquilli senza temere troppo per la propria privacy e per la propria vita sociale.
Già corsa ai ripari da tempo, la Francia rende da oggi disponibile in commercio il primo test per l’Aids interamente “fai-da-te†ed eseguibile a domicilio, al riparo da occhi indiscreti e da conoscenti che si aggirano casualmente per i corridoi delle strutture sanitarie, consentendo così un netto implemento di privacy, oltre che la vittoria su quelle ataviche remore che fungevano da deterrente nei confronti del controllo sanitario.
Ideato per sensibilizzare l’opinione pubblica sui pericoli derivanti da una condizione di sieropositività latente, il test francese mira dunque a portare consapevolezza tra quei circa 30 mila soggetti che si troverebbero, secondo le stime ministeriali, ad aver contratto il virus Hiv senza saperlo e che rappresenterebbero per tanto una mina vagante per la propria incolumità e un veicolo ditrasmissione dell’Aids.
Il test AAZ, commercializzato da Mylan, si effettua mediante un semplice auto-prelievo di sangue, al termine del quale risulta agevolmente sapere se si è contratto il virus Hiv dopo un’attesa di soli 15-30 minuti, tempo necessario al kit per elaborare le informazioni necessarie alla diagnosi.
Ritenuto totalmente affidabile dalle autorità sanitarie mondiali, il test si trova in realtà già in commercio negli Stati Uniti da circa tre anni e l’embrionale fase di sperimentazione a Stelle e Strisce ha consentito di giungere ad un abbassamento della soglia di contagio, rivelando così la sua efficacia.
Le uniche perplessità relative al test AAZ riguardano le possibili reazioni emotive dei pazienti che decideranno di sottoporsi all’opera di autodiagnosi per poi scoprire l’esistenza dell’avvenuto contagio in condizione di totale solitudine; reazioni che potrebbero portare a comportamenti autolesionistici o ad azioni socialmente sconvenienti.
Il consiglio è dunque quello di sottoporsi al test in presenza di una persona cara, in grado di aiutare i pazienti infetti a gestire le proprie reazioni e sicuramente capace di mantenere quel sacro riserbo sull’esito dell’esame che da solo può garantire notti tranquille e assenza di angosce.
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