Se i neofiti del Web e gli utenti con meno dimistichezza con i sistemi informatici sono spesso portati a domandarsi la ragione che spinge il loro computer a proporre inserzioni pubblicitarie mirate, corrispondenti spesso ai reali interessi del suddetto utente, la risposta all’arcano (che poi arcano non è) risiede nel sempre più elevato tasso di invadenza dei colossi hi-tech nelle nostre vite online.
Pur senza raggiungere i livelli di Facebook, che esiste praticamente solo per tenere traccia di ogni nostra azione e per trasformare le nostre vite in una colossale ricerca di mercato, anche Google, Microsft, Twitter e compagnia bella si cimentano quotidianamente con una sorta di scanning dei nostri contenuti, delle nostre ricerche e delle nostre conversazioni; utile a trovare “parole chiave†da reinvestire in inserzioni incentrate sui nostri presunti oggetti del desiderio.
Tollerato per qualche annetto da un’utenza globale talmente stupita di fronte agli effetti speciali del web da curarsi gran poco delle sue reali conseguenze, la pratica sta tuttavia incontrando sempre più ostilità presso tutti coloro che vengono bombardati da spot in ogni pagina del browser, tanto da spingere Google ad una colossale retromarcia.
Il gigante di Mountain Views ha infatti annunciato che il popolare servizio di posta elettronica Gmail cesserà di leggere le conversazioni dei suoi clienti, mettendosi alla caccia di interessi e passioni, lasciando così in pace gli utilizzatori del servizio quando si trovano all’interno di un’area virtuale che dovrebbe, in linea teorica essere privata e inaccessibile.
La decisione è stata presa sulla scia della volontà , da parte di Google, di assimilare i suoi servizi di tipo “business†a quelli riservati ai comuni mortali e di lasciare in pace tanto gli utilizzatori comuni quanto i clienti paganti, magari nella speranza di porre fine a quell’atavica inquietudine relativa agli annunci che attanaglia i neofiti del web tutti coloro che credono che la rete sia una sorta di parco giochi gratuito.
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