Dopo aver assunto il ruolo di “gendarme del mondo†per qualche decina di anni e aver deciso di esportare democrazia negli angoli del Pianeta dove non batteva il sole (o, al contrario, ne batteva troppo) gli Stati Uniti stanno iniziando a scoprire i piaceri derivanti dall’autosufficienza e da quel modello socio-economico definito come “Stato-fortezza†per denotare una sostanziale chiusura della nazione a Stelle Strisce vero il mondo esterno e le vicende che si svolgono lontane dal patrio suolo.
Per realizzare il suo lungo processo di autonomia ed indipendenza socio-economica, gli Stati Uniti devono tuttavia passare attraverso una fase che prevede l’abbandono della disperata ricerca di fonti energetiche combustibili, vero motore di molte guerre, in favore di un’economia eco-sostenibile incentrata su risorse naturali e fotovoltaico.
A seguito della notizia della nuova avventura “green†tentata da Apple e della costruzione di un immenso impianto solare pubblico in California, non fa più di tanto scalpore dunque la scelta di Google di destinare ingentissimi capitali verso la realizzazione del progetto Solar City, che pare configurarsi come una tappa decisiva verso la nuova America più verde e meno nera di petrolio.
Solar City consiste in un’ingente opera basata sull’ideazione e sulla costruzione di pannelli solari gratuiti destinati ad illuminare le abitazioni presenti in oltre 14 stati della Confederazione e a fare in modo di riconvertire al versante fotovoltaico quella parte di Stati uniti da cuore più industriale e ad alto impatto energetico.
L’ampio progetto ha già raccolto al momento finanziamenti privati per un totale di 750 milioni di dollari e potrà fregiarsi nei prossimi mesi di un esborso messo in campo da Google pari a circa 300 milioni, utile ad accelerare il processo e a garantire al colosso di Mountain View un posto in prima fila in quello che pare destinato a diventare il settore di investimento del futuro per tute le grandi aziende tecnologiche e non.
Sebbene piuttosto lontano dalla cifra sborsata da Apple (circa 848 milioni di dollari) per il suo enorme parco solare in California, l’investimento operato da Google rappresenta il maggior esborso prodotto dall’azienda in ambito di energie rinnovabili e un sicuro primo tassello di un puzzle energetico destinato a comporsi di pari passo con le fruttuose intenzioni governative.
L’idea di riconversione delle risorse che sta animando gli Stati Uniti d’America è sicuramente avveniristica e destinata a fare scuola anche in un’Europa troppo alle prese con pareggi di bilancio per curarsi di investimenti rivolti alla pubblica utilità , magari in attesa che l’avvento di un nuovo gendarme renda indispensabile l’indipendenza economica ed energetica anche da questa parte dell’Oceano.
[adrotate banner=”6″]