
Mentre in Italia si grida alla censura e alle libertà violate ogniqualvolta qualcuno si appresta a far osservare le leggi vigenti e ad impedire atti di bullismo molestie sul Web, lontano dalle grida manzoniane nostrane esiste un’immensa porzione di popolazione terrestre per la quale la censura non è uno spettro da agitare per rivendicare diritti inesistenti, ma la reale costante che regola l’accesso alla Rete all’interno dei paesi in cui le libertà personali vengono sottoposte drastiche riduzioni e controlli invasivi.
Il recentissimo report intitolato Freedom of the Net, elaborato pubblicato dall’organismo indipendente Freedom House ha infatti mostrato come due terzi degli internauti a livello globale si trovino soggetti a drastiche riduzioni d’accesso alla Rete e come la censura comporti spesso drammatiche conseguenze, in grado di spingersi addirittura in direzione del carcere in caso di un post o di un apprezzamento su Facebook non graditi agli enti governativi globali e per tanto assimilati ad azioni sovversive vere e proprie.

Nel dettaglio, sono ben 65 le nazioni del mondo in cui Internet viene sottoposto ad una qualche forma di censura, in grado di passare dalla semplice impossibilità di connettersi ad un determinato sito, considerato “pericoloso†per la tenuta sociale dai governanti locali, fino ad una forma di controllo capillare che impedisce agli utenti di esprimere opinioni in disaccordo con la linea governativa ufficiale o con i dettami religiosi che regolano la vita pubblica degli stati a carattere confessionale.
Il trend pare inoltre ben lontano dall’assistere ad una sorta di liberalizzazione del Web o ad un allentamento delle maglie della censura, dato che l’anno appena concluso ha visto 24 nazioni votarsi in direzione di misure restrittive e dato che numerosi paesi, con la Turchia in testa, hanno operato drastici giri di vite in corrispondenza di un assetto sociale non esattamente sereno.
Capitanata da Cina, Iran e Siria, la lista dei paesi non liberi di approcciarsi alla Rete senza limitazioni o intrusioni governative non comprende ovviamente l’Italia, paese riconosciuto come libero a tutti gli effetti, fino al punto in cui la presunta censura è divenuta un’operazione di merketing su larga scala, utile a far cliccare gli utenti su link per loro natura incliccabili, come lo schema manzoniano impone.
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