Per quanto tutti noi ci prodighiamo, nel corso della nostra vita, per ampliare, restringere, asciugare, gonfiare, asportare, estendere e restringere le porzioni di tessuto che regolano le dimensioni relative alla nostra “larghezza”, nel tentativo di sembrare più magri, muscolosi o paffuti secondo i dettami della moda del momento, nulla possiamo fare per cambiare quelle variabili relative alla nostra altezza che rappresentano forse l’unica caratteristica estetica sulla quale non risulta possibile intervenire, nemmeno mediante il ricorso a quei bisturi che paiono ormai diventati la norma terapeutica per chi si trova a soffrire di dimensioni orizzontali extra-large.
Se la più comune delle esperienze ha mostrato al genere umano la naturalezza dell’assunto e costretto i soggetti più complessati ad indossare tacchi o trampoli per produrre un artificio visivo negli occhi di guada, ora la ricerca scientifica pare aver chiarito le ragioni dell’arcano da un punto di vista biologico e completato così quel complesso puzzle genetico attraverso il quale la scienza era riuscita a rendere conto di numerose varianti somatiche in grado di determinare, ad esempio, il colore degli occhi, dei capelli o il livello di pigmentazione della pelle.
Un’equipe di ricerca internazionale coordinata dal professor Guillame Lettre, facente riferimento all’università canadese di Montreal, ha infatti compiuto un gigantesco studio incentrato su 700 mia volontari, finalizzato proprio alla scoperta di quella complessa casistica genetica che regola le modalità attraverso le quali il copro umano si sviluppa in altezza, a partire dal momento della nascita, fino al termine del processo in età adulta.
Dallo studio, pubblicato su Nature, è emerso che la nostra altezza è definita da 83 varianti genetiche distinte, il cui ruolo è appunto quello di trasmettere ai meccanismi molecolari che regolano la crescita ben distinte informazioni, con un coefficiente di distinzione pari a 2 cm; il che implica che un ipotetico intervento su queste varianti potrebbe influenzare in modo sensibile la statura del soggetto portatore in età adulta.
Al momento relegata al mero ambito teorico e conoscitivo, la scoperta potrebbe presto aprire le porte a nuove tecniche di intervento mirato alla risoluzioni di problematiche connesse con un’altezza eccessiva o carente, andando così ad agire su quel versante estetico fino ad oggi ritenuto off-limits dalla scienza medica, persino mediante il ricorso a quei bisturi che ormai tutto tagliano e tutto sistemano.