La dieta mediterranea può ridurre il rischio di cancro al seno

Una delle maggiori rivoluzioni adottate dalla scienza medica e oncologica moderna consiste nella capacità di studiare a fondo la progressione e lo sviluppo dei tumori in base alle specifiche differenze connesse con l’età e con il sesso dei pazienti colpiti, di modo da riuscire ad attuare strategie preventive e terapeutiche ad hoc e da riuscire a contrastare l’insorgenza delle neoplasie in un modo molto più mirato e preciso di quanto non avveniva fino a pochi decenni fa.

La maggior parte dei tumori segue infatti andamenti del tutto differenti e non equiparabili a seconda del soggetto colpito, secondo uno schema che porta, ad esempio, le donne in menopausa a sviluppare il cancro alla mammella sulla base di schemi biologici e molecolari differenti da quelli presenti tra i soggetti in età giovanile e comunque ancora fertili.

Proprio su questa base, un gruppo di ricercatori facenti capo allo University Medical Centre di Maastricht sono riusciti a scoprire come gli ormai arcinoti benefici in termini oncologici della Dieta Mediterranea subissero ulteriori incrementi qualora venissero riferiti alla particolare tipologia di cancro al seno che colpisce le donne in menopausa.

Andando ad analizzare il rapporto che intercorreva tra alimentazione e rischio oncologico al seno presso un campione statistico pari a 65.573 donne di età compresa tra i 55 e i 69 anni, i ricercatori olandesi hanno infatti notato che, laddove olio d’oliva, noci, pesce e verdura costituivano la costante alimentare, il rischio legato al cancro al seno tendeva a decrescere in modo esponenziale.

Lo studio si è svolto secondo un’accurata modalità di indagine che portato i medici olandesi a considerare dapprima l’influenza di ogni singolo prodotto alimentare sulla genesi del cancro al seno e in seguito a considerare la Dieta Mediterranea in toto come toccasana contro la patologia, concludendo che l’adozione del suddetto regime alimentare porta in dote un rischio diminuito di sviluppare la neoplasia pari al 2,3%, con punte superiori al 20% in caso di particolari tumori piuttosto aggressivi.

Lo studio pubblicato sull’international Journal of Cancer aggiunge quindi un tassello fondamentale alla comprensione di come i timori si sviluppano e crescono secondo differenze di sesso, età e condizioni biologiche, come mostrato da quella grande rivoluzione che ha portato l’universo oncologico ad abbandonare approcci aspecifici.