Emerge il Futuro

Clima, gli Usa si sfilano dall’accordo di Parigi?

Da più parti considerato alla stregua del primo reale passo avanti in termini di riduzione delle emissioni su scala globale, l’accordo di Parigi sul clima, raggiunto nel corso della conferenza Cop21, prevede che le principali nazioni industrializzate inizino a diminuire il carico di emissioni nell’aria, con l’intento di porre un minimo freno al fenomeno climatico noto come Riscaldamento Globale, consistente in una sorta di effetto-serra su base planetaria in grado di condurre in direzione di un’alterazione perenne del volto del Pianeta e delle specie animali e vegetali che su esso dimorano.

Prese alla stregua di una boutade elettorale, le numerose esternazioni del neopresidente eletto Donald Trump paiono in realtà corrispondere ad una volontà politica orientata in direzione di una fuoriuscita degli Usa dai parametri inquinanti fissati dall’Accordo e di una volontà indiscriminata da parte degli States di risollevare le sorti industriali della nazioni attraverso il ritorno in auge dello sfruttamento dei combustibili fossili, reso tristemente celebre durante l’era Bush da pratiche di ricerca del carbone non proprio ortodosse, come la Mrt.

All’indomani del controverso vertice G7 che visto Trump e l’Europa (Merkel in particolare) guardarsi in cagnesco senza troppi filtri, i consiglieri del presidente avrebbero infatti annunciato la volontà da parte degli Stati Uniti di sfilarsi dall’accordo di Parigi il più presto possibile e di autogestire le proprie politiche legate alle emissioni, come il modello culturale dell’America Fortezza caldeggiato da Trump impone.

Premesso che Trump non è sicuramente il primo Presidente a Stelle e Strisce ad osteggiare la genesi di vincoli internazionali alla politica industriale interna, la fuoriuscita degli Usa dal patto sminuisce la valenza di un’accordo già sminuito dalle estenuanti trattative registrate in fase di gestazione ed impoverisce la possibilità di giungere ad un reale controllo delle emissioni nel corso dei prossimi anni.

In attesa che lo stesso Trump confermi quanto si trova già nell’aria (oltre alle polveri sottili) da tempo, l’Europa pare destinata a trovare nella Cina un nuovo partner climatico, magari prima che il volto della Terra cambi fino al punto di imporre coattamente serie contromisure globali in grado di esulare da quella sfera dei passi avanti parziali che servono più ad alimentare questioni geopolitiche che a risolvere il problema di fondo.

 

Altri post che ti potrebbero interessare