
Il naturale declino delle facoltà mentali che accompagna l’ingresso nella celeberrima “terza età” della vita è dovuto al fatto che, una volta terminato il suo pieno sviluppo, il cervello umano cessa di mettere in atto il fenomeno noto come neurogenesi e di produrre quindi quegli elementi primi che si trovano alla base dello sviluppo dell’organo in età infantile e adolescenziale, permettendo agli organismi più giovani di avere una quantità sterminata di nuovi neuroni che aumentano al passare del tempo, andando a rafforzare le capacità cognitive e mnemoniche durante le fasi dello sviluppo.
Se fino ad oggi l’unica eccezione alla fatidica regola biologica consisteva in una modesta produzione di neuroni operata dal giro dentato dell’ippocampo, laddove si forma la memoria a breve termine, pare che alcuni ricercatori facenti capo alla Stanford University in California abbiano scoperto che il cervello umano continua, in parte, a crescere in età adulta e che la neurogenesi non si arresti alla soglia di quella minuta schiera di neuroni destinata a scomparire subito dopo averci ricordato dove avevamo parcheggiato la macchina poco prima o dove si trovano le chiavi di casa.

L’equipe di ricercatori californiani capitanata dal professor Jesse Gomez ha infatti scoperto che, anche nel corso dell’età adulta, esiste un’area del cervello che prosegue nella crescita e che riesce continuamente ad arricchirsi di tessuto neuronale, la cui funzione specifica è legata al riconoscimento dei volti delle persone note, secondo uno schema che dovrebbe prevedere maggiori doti in ambito di fisionomia per i soggetti in età adulta rispetto ai loro omologhi ancora fermi alla fase infantile o adolescenziale.
In sostanza, secondo quanto sostiene la ricerca pubblicata su Science, il naturale arresto nella crescita del cervello degli adulti non andrebbe a coinvolgere quella porzione di tessuto che ci consente di identificare un volto e di ricondurre l’immagine di una persona alla sua identità, mentre lo stesso discorso non sarebbe valido, ad esempio, in ambito di riconoscimento di luoghi e oggetti, mostrando così un meccanismo biologico-evolutivo in base la quale l’organismo giudica prioritaria la facoltà di identificare volti noti e decide dunque di tutelarsi di fronte al declino mediante un aumento di tessuto cerebrale imprevisto.
Inoltre, secondo la ricerca, anche dopo il decesso, il cervello continuerebbe a produrre la mielina utili alla protezione di quei particolari neuroni deputati al riconoscimento dei volti, andando a proseguire una fase di crescita destinata a durare ben oltre l’angusto limite fissato dalle classiche fasi dello sviluppo cerebrale.
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