In un mondo che si trova alla perenne ricerca di un elisir di lunga vita e di un capro espiatorio per tutte le problematiche di salute presenti sull’enciclopedia medica, si sta un po’ perdendo di vista quel discrimine tra uso e abuso che dovrebbe porsi come aurea regola per tutte le azioni umane, a prescindere dal “cattivo” di turno e dalla volontà di bandire dalle nostre tavole alimenti del tutto innocui, se consumati con moderazione.
Accade così che le carni rosse si trovino da anni al centro di un mirino mediatico che riprende ricerche mediche, incentrate sul loro abuso, in chiave allarmistica, imputando a bistecche, salami e spezzatini la genesi di patologie oncologiche e cardiovascolari in realtà connesse solo ed esclusivamente con un consumo smodato.
A pochi giorni di distanza dalla pubblicazione di un’ennesima ricerca del National Cancer Institute (riportata dal British Medical Journal) che attesta l’ovvia correlazione tra il consumo eccessivo di carni rosse e un coefficiente di mortalità più elevato, pare infatti che la stampa di mezzo mondo abbia trovato il movente per riprendere una crociata anti-carne solo un po’ sopita negli ultimi tempi, dopo che l’Oms aveva bollato come probabilmente cancerogene tutte quelle carni lavorate cotte alla griglia, andando a sancire un’ulteriore ovvietà, dato che temperature eccessive favoriscono la produzione di processi chimici cancerogeni a prescindere dall’alimento usato come “base” per griglie e barbecue vari.
Nel dettaglio, la ricerca in questione stabilisce come ad un eccessivo consumo i carni rosse e lavorate, si associ un coefficiente di mortalità medio superiore del 26% e come, nel corso degli anni, il suddetto eccesso alimentare favorisca l’insorgenza non solo di neoplasie e disfunzioni coronariche, ma produca anche una condizione di affaticamento del fegato potenzialmente letale.
Ora, anche con tutta la fantasia del mondo, risulta difficile trovare un elemento di novità nella ricerca, dato che gli effetti della troppa carne rossa sul fegato, sui reni e sul sistema cardiovascolare sono noti fin dall’alba dei tempi; il che non dimostra comunque che un consumo moderato di carne porti in dote un reale fattore di rischio o che un uso, distante dall’abuso, giustifichi le grida manzoniane in atto e la perenne ricerca di quel capro espiatorio che ormai non viene nemmeno più consumato dopo il sacrificio.
Questo sito utilizza Cookie per migliorare la tua esperienza di navigazione. Se vuoi sapere di più clicca su maggiori informazioni
Questo sito utilizza i cookie per fonire la migliore esperienza di navigazione possibile. Continuando a utilizzare questo sito senza modificare le impostazioni dei cookie o clicchi su "Accetta" permetti al loro utilizzo.