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I grassi saturi danneggiano il cuore: ecco la conferma su larga scala

30 Novembre 2016
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I grassi saturi danneggiano il cuore: ecco la conferma su larga scala

Le tipologie di grassi alimentari presenti negli alimenti che ingeriamo si dividono in due distinte categorie; da un lato esistono gli acidi grassi saturi che, per via della loro conformazione molecolare, si trovano a vagare per il sistema venoso e depositarsi come detriti in corrispondenza di arterie e coronarie e dall’altro esistono gli acidi grassi insaturi (a loro volta suddivisi in monoinsaturi e polinsaturi), contraddistinti da una sorta di instabilità chimica che consente alle molecole presenti nella sostanza di legarsi ai sopracitati detriti e di ripulire l’organismo da un accumulo di residui organici potenzialmente fatale.

Se il fatto che un eccesso di acidi grassi saturi nel sangue si traduca in un costante affaticamento del sistema cardiovascolare e nel terreno prediletto di insorgenza per ictus e infarti risulta ormai dato per scontato ad ogni latitudine e nessuno al mondo si sognerebbe di inserire hamburger e fritti in una dieta salva-cuore, una gigantesca prova del nove di quanto postulato fino ad oggi è giunta da uno studio condotto per conto dell’Università di Harvard che ha fugato ogni sospetto e confermato quanto, di fatto, appariva già perfettamente ovvio.

grassisaturiharvard_emergeilfuturoAndando ad analizzare le condizioni di salute relative ad un campione statistico pari a 73 mila donne e 42 mila uomini, lungo un arco temporale pari a 28 e 24 anni, i ricercatori di Boston hanno infatti potuto incrociare i dati relativi alle abitudini alimentari dei volontari con quelli relativi ai fattori di rischio cardiovascolare, scoprendo appunto una correlazione diretta tra gli acidi grassi saturi consumati e l’insorgenza di patologie coronariche nel corso degli anni che hanno definito lo studio.

La vera novità della ricerca pubblicata sul British Medical Journal è costituita tuttavia da una sorta di prontuario statistico fornito dai medici di Harvard per abbassare i fattori di rischio, frutto di un’analisi incrociata che ha portato gli autori della ricerca a dimostrare come una semplice riduzione, pari all1%, dei grassi saturi presenti nella dieta comporti una diminuzione di rischio cardiovascolare stimata in 6-8 punti percentuali o addirittura in stime superiori al 10%, in caso i danni alle arterie risultino originati da particolari grassi (come l’acido palmitico) considerati più nocivi dei loro corrispettivi.

Una riduzione dei grassi saturi nella dieta si accompagnerebbe dunque ad un abbassamento dei fattori di rischio secondo uno schema direttamente proporzionale, favorito anche dalla contemporanea assunzione di quegli acidi grassi monoinsaturi e polinstauri la cui funzione è quella di ripulire li sistema venoso dai danni e dagli accumuli secondo un ulteriore schema, anch’esso talmente ovvio e assodato da richiedere una prova del nove in grande stile.

 

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