
La maggior parte delle nostre paure e dei nostri timori produce lo strano effetto di spostare la nostra attenzione dal momento presente che stiamo vivendo ad una dimensione temporale legata a traumi e ricordi del passato, in cui la riproposizione di quanto già accaduto è fonte continua di turbamento ed instabilità emotiva.
Dal momento che la medicina moderna pare avere un po’ abbandonato il disturbo legato allo stress post-traumatico, annoverandolo tra le sindromi depressive e riconducendolo a quella generica carenza di serotonina “curabile” mediante ricorso continuativo ad farmaci antidepressivi di tipo SSRI, un insperato aiuto per tutti coloro che si trovano a soffrire di ricordi e paure troppo invasivi giunge in queste ora da una ricerca condotta dall’Università della Louisiana.
Secondo i ricercatori americani, un consumo frequente e continuativo di mirtilli potrebbe infatti contribuire ad alleviare le ripercussioni piscologiche associate agli eventi traumatici e contribuire al naturale rispristino della produzione cerebrale legata ad ormoni e neurotrasmettitori in grado di limitare, se non addirittura sopprimere, l’incidenza dei traumi passati sulla nostra vita quotidiana.
Attraverso un lungo test condotto su alcune cavie da laboratorio, i mirtilli hanno mostrato l’inaspettata capacità di lenire le paure tipiche dei roditori, ripristinando la serenità e la tranquillità piscologica degli animali dopo che i ricercatori li avevano posti di fronte ad una serie di incontri molto ravvicinati con dei gatti e avevano sconvolto così il loro normale bioritmo legato al ciclo sonno-veglia e alla capacità di svolgere in tutta serenità le normali attività tipiche della loro specie di appartenenza.
La ragione dell’azione prodotta dai mirtilli sul cervello animale potrebbe risiedere, secondo gli autori dello studio presentato nel corso del meeting Experimental Biology di Boston, nell’elevato numero di componenti antiossidanti contenuti nei frutti e nella capacità di giungere ad una stimolazione cerebrale legata alla produzione di serotonina, mediante un’azione prodotta in modo naturale e privo dei numerosi effetti collaterali generati dai farmaci di tipo antidepressivo.
In caso l’esperimento trovasse un adeguato corrispettivo in ambito umano, si aprirebbe dunque unanuova fase medica legata alla comprensione dello stress post-traumatico e al rapporto che lega alimentazione e cervello in grado di porsi come grimaldello verso porte fino ad ora ignote, anch’esse collocate in un futuro prossimo, ma prive di tutte quelle implicazioni che i ricordi passati comportano.
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