Le patologie di tipo neurodegenerativo, morbo di Alzheimer in primis, possiedono la subdola capacità di apportare danni evidenti alle funzioni cognitive dopo essere rimaste a lungo latenti e dopo che la distruzione dei neuroni apportata si era resa di fatto irreversibile, di modo che, alla comparsa di un quadro sintomatologico comprensivo di amnesie e deficit cognitivi, risulta fatalmente troppo tardi per intervenire sulla malattia e ogni strada percorribile a livello terapeutico risulta limitata alla semplice possibilità di rallentare la progressione del Morbo.
Se dunque diagnosticare l’insorgenza del morbo di Alzheimer in tempi utili risulta piuttosto difficile, data la varietà di parametri che contraddistinguono la possibile formazione di placche amiloidi alla base della malattia, una recente scoperta condotta dai ricercatori facenti capo al Massachussetts General Hospital di Boston potrebbe presto rivoluzionare le modalità d’approccio alla diagnosi e ad alcuni segni premonitori che il declino cognitivo è già in atto.
Partendo dalla considerazione che il morbo di Alzheimer possa influire sulla sfera sensoriale, ancor prima che sugli esiti di tipo mnemonico, gli autori dello studio hanno infatti sottoposto 184 volontari ad una particolare test dell’olfatto atto a denotare eventuali danni riportati alla facoltà e a mettere in correlazione la possibile perdita dell’olfatto con l’insorgenza del Morbo.
Andando a suddividere gli anziani coinvolti nel test in base al loro stato di salute su vari livelli che comprendevano casi di persone perfettamente sane, casi sospetti e pazienti con il morbo di Alzheimer già diagnosticato, l’equipe medica di Boston ha incaricato le informazioni già presenti con quelle derivanti da un semplice test dell’olfatto e scoperto, come postulato in sede iniziale, che la particolare patologia comportava la distruzione progressiva anche delle facoltà olfattive e risultava quindi potenzialmente diagnosticabile con anticipo semplicemente andando a valutare lo stato di conservazione dell’olfatto e la capacità di distinguere tra due differenti odori.
Solo apparentemente scontata, la scoperta collega in modo diretto l’insorgenza di danni a livello cerebrale con al perdita dell’olfatto e individua una spia premonitrice per il morbo di Alzheimer, aprendo la porta ad una diagnosi semplice e non invasiva, condotta in tempi utili per evitare la comparsa di quei drammatici sintomi cognitivi che rientrano generalmente nella sfera del troppo tardi e che lasciano gran poco spazio a cure risolutive per il morbo.
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