Nel corso di un’epoca storica meno attenta alle specifiche esigenze dell’universo femminile, si ripeteva sovente alle liceali come le mestruazioni non rappresentassero uno stato patologico e come il disagio mensile non costituisse per tanto un valido movente per saltare una lezione di educazione fisica o, peggio ancora, per evitare la scuola in concomitanza con un compito in classe.
Pur non essendo effettivamente uno stato patologico tout court, il ciclo mestruale possiede in realtà un impatto differente da donna a donna e può spesso portare in dote una serie di complicazioni di salute che, seppur transitorie e specificamente originate dalle stesse mestruazioni, possono avere carattere debilitante o addirittura invalidante e rendere lo svolgimento delle comuni mansioni lavorative alla stregua di un inferno senza fine.
Giusto per conferire riconoscimento giuridico, sanitario e amministrativo a quella serie di mal di pancia e mal di testa che si abbatte sull’universo femminile ogni 28 giorni circa, alcune deputate facenti capo al gruppo parlamentare del Partito Democratico hanno presentato in parlamento una proposta di legge finalizzata alla tutela delle lavoratrici maggiormente colpite dal fenomeno biologico che si ripromette di conferire loro un mini-congedo qualora gli stati dolorosi si facciano troppo intensi.
In caso la proposta venisse approvata in Aula, ne conseguirebbe dunque che tutte le lavoratrici italiane si troverebbero in condizione di assentarsi dal loro posto di lavoro per un periodo massimo pari a 3 giorni e di non dover richiedere ulteriori certificati medici o permessi per motivare la loro assenza, spiegabile e giustificabile con la presenza dello stato patologico definito come dismenorrea, che rappresenta appunto la variante più dolorosa e clinicamente accertabile del ciclo mestruale mensile.
Rivolta a tutelare tutte coloro che soffrono davvero a causa di un ciclo troppo abbondante o irregolare, la proposta potrebbe dunque a fare la “gioia†(anche se di gioioso non vi è nulla nella dismenorrea) di tutte le donne affette dalla problematica e sancire la somma rassegnazione di tutti quegli insegnanti che non hanno mai capito che il ciclo mestruale, in casi limite, poteva davvero venire considerato alla stregua di una patologia.
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