
Oltre a quel carico di empatia che impedisce di trattare i pazienti come numeri da gestire, l’esercizio della professione medica dovrebbe comportare un’accortezza e un livello di professionalità ineccepibili, dato che dal tempismo e dalla serietà dei medici dipende la possibilità di poter passare indenni quel sottile confine che separa la vita dalla morte.
Divenuto emblema assoluto della mancanza di empatia e professionalità, il caso della piccola Nicole, neonata siciliana morta in ambulanza mentre veniva malamente condotta in direzione dell’ospedale di Ragusa, trova oggi a sua triste coda all’interno delle aule di tribunale, dove i 4 medici coinvolti nell’obbrobrio sanitario consumatosi durante il febbraio del 2015 dovranno rispondere di una serie di accuse che vanno dalla falsa attestazione fino all’omicidio colposo.

Nata nella clinica Gibino, la piccola Nicole si era infatti trovata a soffrire di disfunzioni potenzialmente letali e a necessitare di un immediato trasferimento presso un presidio sanitario attrezzato per trattare la meglio il delicatissimo caso, divenendo in seguito la triste protagonista di un balletto fatto di indifferenza, inefficienza e cinismo che le è risultato fatale.
Oltre alla sottovalutazione del caso operata dai medici del 118, l’allarme lanciato dal pediatra Antonio di Pasquale si è dovuto scontrare con un muro di gomma e di indifferenza che ha impedito alla piccola di trovare la sua collocazione all’interno di un reparto di terapia intensiva di Catania e costretto, dopo lunghe attese, il personale medico a ripiegare in direzione di Ragusa, dove la bimba non è mai arrivata in vita per via di ulteriori ritardi, della distanza che separava le due strutture e di folli errori che hanno compreso un assurdo sbaglio di rotta da parte dei conducenti dell’ambulanza.
Divenuto tragicamente celebre in virtù della pubblicazione integrale delle telefonate intercorse tra il pediatra e le strutture presso le quali si cercava di collocare la bambina, il drammatico caso di Nicole non poteva ovviamente venire annoverato all’ambito delle fatalità o dei semplici errori medici e, per questa ragione, la procura ha deciso di rinviare a giudizio i 4 autori dello scempio (la ginecologa, l’anestesista, il neonatologo e l’ostetrica coinvolti) con l’intento di restituire un po’ di giustizia alla bimba scomparsa, laddove la vita le è stata purtroppo negata a causa di un mix di scarsa empatia e mancanza di professionalità che poco collimano con la professione medica e con i suoi reali scopi.
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