Suffragette: quando il cinema racconta la storia dei diritti

La recentissima e storica elezione di 13 donne al parlamento iraniano ha portato alla memoria dei più attempati le storiche battaglie condotte dal Gentil Sesso in occidente per potere accedere ad un diritto, quello al voto, tanto basilare da venire negato per secoli da una società concepita a misura di maschio e distante dai sogni e dalle esigenze femminili.

In caso decidiate di ripercorrere quel complesso e tumultuoso percorso che ha condotto le donne alle urne, il film “Suffragette” rappresenta un affresco più che attendibile e nitido di quell’Inghilterra vittoriana dalla quale, agli inizi del secolo scorso, la lunga marcia per i diritti ebbe inizio.

Diretta con maestria da Sarah Gavon, la pellicola narra le vicende della giovane Maud Watts, interpretata da Cary Mulligan, dipendente di una lavanderia che si ritrova trascinata da alcune colleghe nel turbine dei cambiamenti sociali fino a diventare l’anima del movimento delle suffragette ed acquisire la consapevolezza di una battaglia che fino al momento della narrazione non era riuscita a coinvolgere la giovane protagonista.

Andando ad adattarsi su tinte quasi dickensiane, in linea con il contesto storico e mai melense, la vicenda si trasforma rapidamente nel pretesto per denunciare la sudditanza culturale di un mondo femminile costretto a turni di lavoro massacranti, alla totale dipendenza domestica dai mariti-padroni e privo di quelle armi elettorali che avrebbero potuto produrre un’emancipazione di tipo squisitamente fisco dalle logiche industriali dell’epoca.

Sfiorando noti episodi storici, come la protesta di Emily Davison culminata con la morte della celebre attivista, il film focalizza l’attenzione su una vicenda intima e intimista, utile a narrare i cambiamenti sociali in atto da un punto di vista privato e portare lo spettatore a ritenere quasi impossibile ala recente elezione di 13 donne all’inaccessibile parlamento dell’Iran, una volta calato il sipario.