Una volta dati per assodati gli infiniti benefici derivanti dall’adozione del regime alimentare noto come dieta mediterranea, può accadere che la deposizione di hamburger e affini in favore di pesce, pomodori e olio extravergine d’oliva si riveli alla stregua di un processo piuttosto complesso, dato che i suddetti prodotti differiscono spesso in quanto a tipologia, marca e prezzo e che decidere cosa scegliere esattamente porta spesso in dote un atto di cieca fiducia.
Ad un anno di distanza dal caso legato alla produzione e diffusione di falso olio extravergine d’oliva da parte di sette note aziende nostrane, l’ulteriore caos legato a frodi alimentari e sfiducia generale viene mitigato in queste ore da una sorta di prontuario, rimbalzato tra numerose testate, utile a riconoscere un olio extravergine d’oliva buono da uno scadente, oppure eccessivamente dispendioso in base al rapporto qualità -prezzo.
Secondo gli esperti nostrani, a determinare la bontà di un olio extravergine d’oliva sono infatti alcune proprietà organolettiche che contemplano colore, gusto e odore e che possono rivelare, già da un primo assaggio, la qualità specifica di quello che abbiamo comprato.
Il colore, innanzitutto, dell’olio extravergine d’oliva può variare da differenti gradazioni di giallo fino al verde, senza che la specifica colorazione influisca sulla sua qualità , dato che a determinare la gamma cromatica giallo-verde è la presenza, più o meno marcata, di elementi (come i caroteni) e non l’indice di una pessima spremitura, salvo in caso ci si imbatta in un olio di colore arancione o rossastro; da evitare come la peste per via di un processo di ossidazione intervenuto ad alterare la qualità del prodotto.
Prima di acquistare una confezione di olio d’oliva risulterebbe dunque opportuno adottare il sistema a “semaforo†che concede via libera a prodotti verdi, gialli o a metà strada tra i due colori ed evitare tutto ciò che tende marcatamente in direzione di quel rosso che si pone come deterrente ad un acquisto consapevole, salvo in caso, logicamente, di un olio volontariamente aromatizzato con aggiunte di peperoncino o altri coloranti naturali
Da un punto di vista del gusto, l’olio extravergine d’oliva non dovrebbe mai essere dotato di componenti troppo acidi, dato che un livello di acidità eccessivo, immediatamente riconoscibile sulla lingua e sul palato, denota l’impiego di olive troppo mature o l’aggiunta di componenti alieni al prodotto in sé, impiegati per coprire un gusto non tanto prelibato.
Via libera invece ad oli leggermente piccanti o amarognoli dato che le due componenti gustative vengono acquisite dall’olio in base al luogo di lavorazione e non denotano quasi mai una pessima qualità del prodotto.
Onde evitare, infine di votarsi in direzione del classico mutuo per acquistare un olio extravergine d’oliva di alto livello, bisognerebbe vagliare una sorta di forbice di prezzo che contempla come “buoni†tutti gli oli compresi tra la fascia che parte da 5 o 6 euro al litro e che si conclude introno ai 15 euro, misura oltre la quale il prezzo può risultare giustificabile solo da particolari lavorazioni o da spremiture davvero pregiate ed indicate in etichetta.
A prescindere da gusti e preferenze personali di tipo geografico, l’acquisto di un buon olio rappresenta il punto di partenza per votarsi in direzione di quella dieta mediterranea che da sola riduce rischi legati a sovrappeso e scompensi cardiovascolari e che vien purtroppo spesso inficiata dall’immissione sul mercato di prodotti artefatti e tossici almeno quanto un hamburger industriale preparato senza tutti i crismi del caso.
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