
Anche senza il possesso di una laurea in medicina o di un dottorato in neurologia, risulta evidente a chiunque che la contrazione di patologie invalidanti porta in dote l’incapacità di svolgere mansioni professionali di tipo fisico e che, per tanto, alla scoperta della contrazione del morbo di Parkinson si accompagna una serie di rinunce che comprende logicamente la possibilità di lavorare in una catena di montaggio o in un qualunque settore in cui la precisione della gestualità risulti una discriminante tra un lavoro ben eseguito e uno errato.
Quello che dovrebbe invece risultare altrettanto evidente, almeno in teoria, concerne il fatto che ogni azienda abbia il dovere morale (ancor prima che normativo) di farsi metaforico carico dei suoi dipendenti malati, di stare vicina ai lavoratori nelle ore della funesta diagnosi e di cercare di reinserirli all’interno di una nuova ottica professionale, meno usurante, ma sempre utile ai fini della buona sorte del complesso meccanismo che regola il funzionamento della ditta.

In quest’ottica, sta facendo piuttosto discutere la vicenda che ha avuto per involontario protagonista il signor Franco Minutiello, 59enne operaio di una ditta deputata alla raccolta dei rifiuti che è stato licenziato in tronco dopo aver sviluppato il morbo di Parkinson ed essere stato giudicato dal medico dell’azienda come “inabile al lavoro” senza alcuna mediazione, né possibilità di reinserimento.
Ovviamente ricorso per via legali, al fine di ottenere un reimpiego, l’operaio è stato infatti sollevato dal suo tradizionale incarico, legato alla conduzione di veicoli destinati alla raccolta dei rifiuti, senza troppe spiegazioni e senza che gli venisse proposto un incarico alternativo, probabilmente accettato di buon grado, dato che il signor Minutiello dichiara che il lavoro resta in cima alle sue preoccupazioni, anche a seguito della diagnosi.
Mentre l’azienda, dal canto suo, imputa ogni responsabilità dell’accaduto all’operaio licenziato che, a detta dei delegati avrebbe rifiutato ogni forma di mediazione e non avrebbe cercato il doveroso confronto, si fa sempre più evidente nel nostro Paese la necessità di giungere ad una legislazione univoca in grado di tutelare entrambe le parti in caso di patologie invalidanti, onde non lasciare troppe questioni a considerazioni solo in apparenza evidenti.
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